Diritto del lavoro e legislazione sociale
08 Ottobre 2025
La contestazione disciplinare si misura non dalla data del fatto, ma dal momento in cui il datore di lavoro acquisisce piena conoscenza dell'inadempimento. L’immediatezza assume carattere relativo, correlato alla complessità organizzativa aziendale e necessità di verifiche preliminari.
Con l’ordinanza 24.09.2025, n. 26003 la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul delicato tema della tempestività della contestazione disciplinare, ribadendo principi consolidati ma di fondamentale importanza per la corretta gestione del procedimento sanzionatorio nel rapporto di lavoro. La Suprema Corte ricorda anzitutto che il principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare risponde a una duplice ratio: garantire il diritto di difesa del lavoratore, agevolato nell’addurre elementi giustificativi a breve distanza dall’infrazione, ed evitare di perpetuare l’incertezza sulla sorte del rapporto.
Tuttavia, il principio di immediatezza costituisce una nozione a carattere relativo, la cui applicazione deve essere modulata in ragione delle specificità del caso concreto e della struttura organizzativa dell’impresa, richiedendo un accurato accertamento istruttorio e una rigorosa ponderazione delle circostanze fattuali (cfr. Cass. nn. 29480/2008, 22066/2007, 1101/2007; 14113/2006; 4435/2004).
L’aspetto centrale della pronuncia riguarda infatti l’individuazione del momento dal quale decorre il termine per la contestazione. I giudici di legittimità chiariscono che il riferimento temporale non è la data in cui i fatti sono materialmente avvenuti, ma quella in cui gli stessi sono venuti a conoscenza del datore di lavoro.
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