Amministrazione e bilancio
13 Settembre 2025
I tirocini non sono rapporti di lavoro, ma a volte vengono interpretati come tali, generando abusi nel loro utilizzo. Alle singole Regioni spetta il compito di regolamentare le Linee guida e implementare strumenti di controllo efficaci.
A volte capita che un cliente ci informi di “aver sentito dire che può prendere qualcuno a lavorare per qualche mese spendendo poco niente”. Dopo un primo sorriso divertito, tocca a noi spiegargli che le cose non stanno proprio come quel “sentito dire”.
Chi lavora non può costare “poco niente” mentre chi vuole accrescere la sua formazione, orientarsi in un percorso professionale o reinserirsi nel mercato del lavoro può essere accolto in un’azienda a condizioni particolari. Questo accade con il tirocinio formativo extracurricolare che non è un rapporto di lavoro, ma una misura destinata a persone che abbiano già assolto l’obbligo scolastico e che vogliano svolgere un periodo formativo e di apprendimento in un contesto lavorativo. Questa possibilità nasce con la L. 196/1997 (pacchetto Treu), poi aggiornata con la L. 92/2012 (Jobs Act) e, infine, con la legge di Bilancio 2022 (L. 234/2021) che ha delegato alle singole Regioni la definizione di linee-guida in materia e la relativa vigilanza.
Il tirocinio è attivabile con una convenzione contenente il Piano Formativo Individuale e gli attori principali devono essere 3: un ente promotore (accreditato dalla Regione oppure centri per l’impiego e Università) il cui tutor deve fungere da garante e controllore; un soggetto ospitante che operi nel settore professionale in cui si intende acquisire maggiore formazione; un tirocinante che partecipi per acquisire esperienza e competenze.