Accertamento, riscossione e contenzioso

19 Febbraio 2024

I soli valori OMI non possono supportare la ripresa fiscale

I valori OMI non sono dotati di autosufficienza indiziaria per poter supportare la legittimità degli atti impositivi. Necessitano dell’integrazione con altri elementi di prova per poter riassumere la struttura ternaria della presunzione grave, precisa e concordante.

I valori OMI non sono dotati di autosufficienza indiziaria per poter supportare la legittimità degli atti impositivi. La Corte di Cassazione, con la sentenza 5.02.2024, n. 3202, ha ribadito che in tema di accertamento del maggior valore di un immobile oggetto di un atto di trasferimento, al fine della determinazione della base imponibile delle imposte indirette, la reintroduzione della presunzione semplice, ai sensi dell’art. 24, c. 5, L. 88/2009 (Legge comunitaria 2008), avvenuta con la soppressione della presunzione legale relativa di corrispondenza del corrispettivo della compravendita al valore normale del bene, introdotta dall’art. 35 D.L. n. 223 del 2006, non impedisce al giudice di fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purché dotato dei requisiti di precisione e gravità.

Tale paradigma presuntivo non è però riconoscibile nel solo valore OMI (Quotazioni Immobiliari dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare), che necessita della combinazione con ulteriori indizi. Anche in tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione non può essere fondato esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore del bene risultante delle quotazioni OMI pubblicate sul sito web dell’Agenzia delle Entrate, atteso che queste non costituiscono fonte di prova del valore venale in comune commercio, il quale può variare in funzione di molteplici parametri (quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico), limitandosi a fornire indicazioni di massima e dovendo, invece, l’atto impositivo essere fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti.

Ancora (Cass. n. 25707/2015) le quotazioni OMI non costituiscono fonte tipica di prova ma strumento di ausilio e indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell’art. 115, c. 2 c.p.c., sono idonee solamente a condurre ad indicazioni di valori di larga massima (così anche, tra le altre, Cass. nn. 11439/2018, 18651/2018, 21813/2018, 21569/2016).

Nel caso in esame, l’avviso opposto si fondava appunto sulle quotazioni OMI e su quelle rinvenienti da bollettini e borsini di pari natura ed efficacia, senza specificazioni e adattamenti mirati sulla concreta situazione dell’immobile compravenduto. In ordine ai valori dell’OMI in dottrina si è sottolineato come una ricognizione del sito dell’Agenzia del territorio consente di rilevare che nel costruire la banca dati in questione, l’Osservatorio si sia avvalso di tecniche le quali non consentono di pervenire ad un unico valore puntuale. Al contrario viene offerto un valore estremamente approssimativo: “uno tra i tanti possibili”, secondo criteri condivisi nel comparto della statistica.

Tali osservazioni sono pienamente confortate dall’Agenzia del Territorio, la quale, nell’illustrare l’attività svolta dall’Osservatorio, ha ribadito come i dati OMI non possono dirsi sostitutivi della stima, ma di semplice ausilio alla medesima. Ciò per le ragioni che i dati scaturiscono da procedimenti basati sulla selezione dei trasferimenti immobiliari (campionatura) e rappresentano nulla più che elementi di sintesi: semplici “medie”, che certamente rispondono ad esigenze di uniformità applicativa e che, tuttavia, non possono rimpiazzare l’attività estimativa che conduce all’identificazione del valore venale.

Anche il provvedimento direttoriale del 27.07.2007 si collocava su questo binario. Invero, al punto 1.1., quest’ultimo sottolinea la necessità-doverosità di un’integrazione dei valori dell’OMI con l’impiego di “altre informazioni in possesso dell’Ufficio”. Appare importante sottolineare l’impiego del verbo “integrare”, il quale richiama sul piano funzionale, l’idea secondo cui l’oggetto dell’integrazione necessita di un perfezionamento, di un miglioramento, dell’aggiunta di un elemento mancante. In esso si radica la manifesta convinzione dell’incapacità del valore dell’OMI di sostituirsi al valore venale del bene immobile alienato.

I valori OMI, quindi, a detta valutativa della loro stessa fonte istitutiva, sono privi di autosufficienza e sprovvisti, come rappresentato dal giudice di Cassazione nella sentenza in commento, della struttura ternaria della gravità, precisione e concordanza, ossia dei paradigmi della presunzione qualificata, per cui essi non possono costituire l’epilogo ma solo un piano di supporto.

Costituisce ormai pacifico orientamento giurisprudenziale che i valori dell’OMI non rappresentano singolarmente il punto d’arrivo del percorso argomentativo che il Fisco, può rappresentare in un atto impositivo, bensì solo un punto di supporto.

Sempre in dottrina, si sottolinea come nel caso di generiche stime, oltre alla mancanza di un fatto certo e noto, si esterna con manifesta evidenza un’ipotesi di doppia presunzione. Laddove, infatti, si consideri che il calcolo della stima media è retto sulla struttura matematica di determinazione di un valore associato a un campione di valori accomunati da un’omogeneità assolutamente parziale, se non addirittura astratta, dal momento che il fondamento di conoscenza che essi esprimono è assolutamente parziale i risultati che da tale estrapolazione vengono fatti derivare non possono che essere il frutto di un approssimativo ragionamento presuntivo-statistico. Tali risultati, venendo poi ad assumere il ruolo di fatti certi, messi in relazioni con altri, il valore effettivamente dichiarato dal contribuente, generano un’interazione da cui deriva una evidente quanto illecita doppia presunzione (in tal senso Cass. 2.10.2008, n. 244434; Cass. Sez. trib. 30.03.2007, n. 7915; 19.06.2007, n. 14252; 30.10.2007, n. 22938).

La sentenza in commento ha un valore che va oltre lo specifico caso dei valori OMI e deve fare da monito ad un uso indiscriminato dell’Intelligenza artificiale in materia tributaria, in quanto non può mai essere trascurato che il principio costituzionale della capacità contributiva riesce a rappresentarsi solo come un definito abito sartoriale indossabile dal singolo contribuente e non dalla massa.

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