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08 Maggio 2025

Vecchie abitudini in studio: ecco come modificarle

Possono gli studi professionali liberarsi dai comportamenti datati che bloccano crescita e innovazione? Ecco un percorso pratico per evolvere.

Conoscete la storia dell’elefante del circo? Da cucciolo viene legato con una robusta corda a un paletto. All’inizio, naturalmente, tenta di liberarsi (e chi non lo farebbe?), ma dopo vari tentativi falliti, si arrende. La cosa straordinaria è che crescendo, pur sviluppando una forza che gli permetterebbe di spezzare facilmente quel vincolo, rimane prigioniero. Non della corda, badate bene, ma di una convinzione limitante impressa nella sua memoria: “non posso liberarmi”.

Ebbene, spesso tutti noi ci comportano come quell’elefante! Prigionieri non di limiti reali, ma di convinzioni cristallizzate che col tempo trasformiamo in reali limitazioni. Come ci insegna la PNL (Programmazione Neuro Linguistica) “la mappa non è il territorio”, ma ciascuno di noi segue la mappa che ha in testa e non il territorio.

Confortevole gabbia delle nostre abitudini – Perché è così difficile cambiare le nostre routine in studio? La risposta sta in quella che in psicologia si chiama “comfort zone”, quell’area di sicurezza percepita che ci fa sentire protetti e competenti. È come una vecchia poltrona: magari non è più bellissima, anzi, forse è anche un po’ sfondata, ma conosciamo ogni sua curva e vi ci accomodiamo con naturalezza.

Come possiamo allora liberarci da queste catene invisibili? Il primo passo è quasi banale, ma tremendamente potente: la consapevolezza. Non possiamo cambiare ciò che non riconosciamo, di cui non ci rendiamo conto. Dobbiamo fermarci e chiederci, con semplice onestà: “Questa abitudine mi serve davvero oggi? Porta i risultati sperati? Oppure, è solo un rituale rassicurante che mi mantiene nella zona di comfort?”. Poi serve una visione e non parlo di vaghi desideri del tipo “vorrei uno studio più efficiente”. No, intendo qualcosa di tangibile e definito secondo il metodo SMART (Specifico, Misurabile, Accessibile, Realistico, Temporalmente definito). Senza una direzione chiara, qualsiasi strada sarà buona e, quindi, paradossalmente, nessuna lo sarà veramente! Il terzo elemento è la strategia, quel ponte che collega il nostro presente al futuro desiderato. Non si tratta di un salto nel vuoto, ma di un percorso strutturato.

Tecniche che funzionano davvero – L’esperienza mi ha insegnato che per modificare un’abitudine radicata servono alcune condizioni chiave. La prima: la motivazione intrinseca. Se cambiamo solo perché “il capo lo vuole”, durerà quanto una nevicata ad agosto! Ogni persona deve capire il vantaggio personale che ne trarrà e, credetemi, c’è sempre!

L’ambiente fisico poi gioca un ruolo sorprendente. Riorganizzate le postazioni dei collaboratori, fate periodicamente job rotation, fate lavorare insieme persone che di solito non lo fanno. Insomma, dovete ogni tanto mischiare un po’ le carte, rompere gli schemi e le abitudini. Preparatevi: incontrerete lamentele dei collaboratori, musi lunghi e poco sostegno all’inizio, ma se terrete duro per almeno un anno, vedrete magicamente i risultati fiorire.

E poi, non dimentichiamoci di celebrare i successi, anche quelli piccoli! Il cervello umano risponde magnificamente al rinforzo positivo. Un titolare o una titolare che si complimenta pubblicamente con chi ha implementato con successo una nuova procedura digitale crea un modello che altri vorranno seguire. È la nostra natura: ci piace essere riconosciuti e apprezzati!

Errore: il miglior maestro che abbiamo – Una delle abitudini più tossiche nelle professioni è la demonizzazione dell’errore. Ci hanno insegnato che sbagliare è imperdonabile, creando un’atmosfera di giudizio e paura intorno all’errore. L’errore, invece, è un’informazione preziosa, non un giudizio. Riconoscere lo sbaglio, analizzarlo senza cercare colpevoli, estrarre l’insegnamento e implementare il miglioramento: questo è l’atteggiamento giusto.

Gli studi professionali che emergeranno nel futuro sapranno introdurre queste novità, questo cambio di cultura e mentalità. Basta crogiolarsi e lamentarsi, oppure trovare alibi e scuse. Il mercato professionale sta cambiando, e molto più velocemente di quanto pensiamo. Chi si aggrappa alle vecchie abitudini per paura di perdere certezze finirà per perdere molto di più: opportunità, clienti e, infine, rilevanza.

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