Diritto privato, commerciale e amministrativo

25 Settembre 2025

Versamento su conto cointestato e liberalità indiretta

Non costituisce sempre liberalità indiretta il versamento sul conto corrente cointestato essendo necessario lo spirito di liberalità.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22613/2025, ha ribadito il principio secondo cui il versamento di somme su un contro corrente cointestato non implica automaticamente la configurabilità di una donazione indiretta. La vicenda, che ha origine da una causa civile, offre lo spunto per alcune riflessioni su eventuali ripercussioni che possono presentarsi sotto il profilo fiscale.

La causa è originata da una controversia ereditaria sorta tra familiari sulla cointestazione tra coniugi di un conto corrente sul quale erano confluiti i proventi della vendita di un immobile di proprietà di uno solo di essi. I fondi accreditati su tale conto erano stati successivamente utilizzati per effettuare degli investimenti ugualmente cointestati ai coniugi. La Suprema Corte, condividendo le conclusioni dei giudici di merito, ha ritenuto non dimostrato che, mediante il deposito sul conto cointestato del prezzo di vendita di un immobile personale di uno dei coniugi, quest’ultima avesse inteso effettuare una donazione indiretta a favore del marito (nel caso di specie, la metà delle somme), mancando l’elemento soggettivo della donazione ovvero l’intenzione di arricchire il beneficiario con depauperamento del patrimonio personale del disponente.

La prova dell’elemento soggettivo in capo al donante compete a chi deduce il perfezionamento della liberalità. Sostanzialmente, i giudici di legittimità asseriscono che, affinché possa configurarsi una donazione indiretta, è necessario dimostrare lo spirito di liberalità del disponente (c.d. animus donandi).

La sentenza in rassegna ricalca precedenti pronunce.

Tra queste, si segnala Cass. 22.09.2021, n. 25684, in cui uno dei coniugi si era appropriato di una somma precedentemente versata su un conto cointestato dall’altro coniuge e proveniente dal suo patrimonio personale. Anche in tal caso, gli Ermellini hanno precisato che tale versamento non costituisce di per sé liberalità. In quel caso, l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che le somme di cui uno dei coniugi si era indebitamente appropriato costituivano proventi illeciti da sottoporre a tassazione ai fini delle imposte sui redditi.

Altra interessante fattispecie è quella esaminata nella risposta all’interpello n. 205/2020 in cui l’Agenzia delle Entrate ha esaminato il caso di un contribuente che aveva effettuato versamenti su un conto cointestato con l’ex coniuge che chiedeva se tali versamenti potessero far presumere un atto di liberalità. In tal caso, l’Agenzia delle Entrate, richiamando le numerose sentenze della Suprema Corte, ha precisato che, se il versamento è stato effettuato in virtù di un obbligo (come nel caso trattato), nessuna presunzione di liberalità può configurarsi, ribadendo che l’elemento essenziale della donazione è lo spirito di liberalità, cioè la consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti.

I casi trattati possono sembrare banali, ma il loro corretto inquadramento sotto il profilo giuridico può avere effetti rilevanti, soprattutto in tema di imposta di donazione.

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