Associazioni sportive dilettantistiche e Sport

03 Aprile 2024

Le ASD incorrono nella stessa vicenda estintiva delle società

Espletate le formalità prescritte dall’art. 35, c. 4 D.P.R. 633/1972, l’associazione cessa la propria attività incorrendo in una vicenda estintiva del tutto simile a quella delle società, essendo in tal caso irrilevante la formalità della cancellazione dal Registro delle Imprese.

La Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna, con la sentenza 31.01.2024, n. 90, ha recepito il pronunciamento della Corte di Cassazione che, con la sentenza 11.05.2016, n. 9541, ha compiutamente definito il quadro delle ipotesi connesse al verificarsi dell’evento estintivo dell’imprenditore in genere, effettuando uno scrutinio volto a uniformare la disciplina dei diversi tipi di soggetti giuridici (società di capitali, società di persone e associazioni non riconosciute, al cui novero vanno ricondotte le associazioni sportive dilettantistiche).

Secondo un orientamento ormai consolidato della Suprema Corte, l’associazione non riconosciuta, anche se priva di personalità giuridica, è comunque considerata dall’ordinamento giuridico a tutti gli effetti un centro di imputazione di situazioni giuridiche, distinto dagli associati, ragione per cui sono applicabili, in via analogica e in mancanza di diversa previsione di legge, le norme stabilite in materia di associazioni riconosciute e di società. La piena terzietà dell’associazione rispetto agli associati emerge chiaramente anche dalla lettera di cui all’art. 37 c.c., in virtù della quale i contributi degli associati e i beni eventualmente comprati con tali contributi costituiscono il fondo comune dell’associazione.

Sino a quando l’organismo associativo perdura, i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune e neppure vantano un diritto restitutorio sulla quota in caso di recesso. Tale rappresentata condizione di terzietà trova ancora supporto nella distinzione ex lege che prevede che, per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune (art. 38 c.c.), il quale assurge alla condizione giuridica di un distinto patrimonio dell’associazione che deve essere previamente escusso dai creditori insoddisfatti.
Il paradigma di diritto che lega l’associato e l’associazione è quello della rappresentanza dell’ente, dal momento che la legge prescrive che l’associazione:

  • potrà essere rappresentata;
  • nel suo nome potrà agire;
  • potrà stare in giudizio per mezzo della persona o delle persone alle quali è stata conferita la presidenza o la direzione (art. 36 c.c.).

Alla luce di quanto sopra esposto e dell’indicato pronunciamento della Corte di Cassazione, nel caso di estinzione dell’associazione per il tramite delle formalità di cui all’art. 35, c. 4 D.P.R. 633/1972, essa produce i medesimi effetti giuridici che conseguono alla cancellazione delle società dal Registro delle Imprese. Espletate le formalità prescritte dal citato art. 35, c. 4, l’associazione cessa la propria attività, così realizzando la condicio sine qua non che il Supremo Collegio ha posto a fondamento, facendone l’elemento a supporto dell’effettivo svolgimento o del reale venir meno dell’attività imprenditoriale, essendo irrilevante la formalità della cancellazione dal Registro delle Imprese, costituendo questo un adempimento non richiesto alle associazioni.

Con la cancellazione della partita Iva e per effetto della fattiva e reale cessazione dell’attività, quindi, l’associazione si estingue perdendo in modo definitivo la propria capacità giuridica e processuale, tanto sul piano della legittimazione attiva, quanto passiva. Del pari con l’evento estintivo viene a destrutturarsi l’intero modulo giuridico-organizzativo dell’ente e a interrompersi qualsiasi rapporto di rappresentanza organica tra l’ex rappresentante e l’ente.

La perdita di ogni tipo di capacità giuridica e/o processuale comporta che l’ente mai potrà essere destinatario della notificazione di un avviso di accertamento o anche solo istruttorio, dal momento che la sua estinzione determina la definitiva cessazione della sua legittimazione passiva. Ne deriva che l’emissione e la notificazione di un qualsiasi atto impositivo a esso intestato verte in una condizione di assoluta inesistenza giuridica. In ordine a tale ineludibile effetto, infatti, si deve considerare che l’atto impositivo possiede natura recettizia, per cui il provvedimento amministrativo che dovesse essere intestato e notificato a un soggetto inesistente non potrà mai perfezionare la sua natura di notificazione (in senso conforme C.T.R. Lombardia, 18.09.2014, n. 4757).

Inoltre, posto che tra gli elementi essenziali di un atto amministrativo va ricompresa l’esistenza giuridica del suo destinatario, la nullità radicale di un avviso di accertamento intestato a un soggetto estinto dev’essere ulteriormente affermata anche in forza dell’art 21-septies L. 241/1990, che, con specifico rigore, sanziona con la perentoria previsione della nullità il provvedimento amministrativo mancante di uno degli elementi essenziali (in tal senso C.T.P. Reggio-Emilia 4.03.2014, n. 69).

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