ETS ed Enti non commerciali

04 Marzo 2024

Associazioni di promozione sociale e Iva

In materia di Iva, la Riforma del Terzo settore non ha previsto una particolare disciplina. Pertanto, per gli ETS ai fini Iva, continueranno ad applicarsi le disposizioni contenute nel D.P.R. 633/1972. Nel presente contributo si esamina la disciplina specifica per le APS.

L’art. 86, cc. 7-13 del Codice del Terzo Settore (CTS) individua la disciplina del regime forfetario ai fini Iva per ODV e APS.
Le ODV e le APS che decideranno di applicare il regime forfetario saranno considerati alla stregua dei consumatori finali, restando incisi dall’imposta loro addebitata sugli acquisti. In particolare, il comma 7 disciplina l’applicazione dell’Iva ai diversi tipi di operazioni attive e passive poste in essere.
I contribuenti, che aderiscono a questo regime, non applicano, per le operazioni nazionali, in via di rivalsa l’Iva sulle cessioni di beni e sulla prestazione di servizi da loro effettuate.
Con riferimento agli acquisti e alle cessioni di beni intracomunitarie, nonché alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai medesimi, l’art. 86, c. 7 rinvia alla specifica disciplina di settore.
Le ODV e le APS forfetarie, inoltre, sono esonerate dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili, a eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti.
In ogni caso, è escluso il diritto alla detrazione dell’Iva assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti, ai sensi dell’art. 19 e ss. D.P.R. 633/1972.
I soggetti che applicano il regime forfetario, per le operazioni per le quali risultano debitori dell’Iva, (ad esempio reverse charge) emettono fattura o la integrano, con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, e versano l’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

Novità dell’anno 2024 – Al fine di sanare il contrasto tra la normativa nazionale e quella comunitaria riguardante il regime Iva applicabile agli enti associativi, il legislatore italiano ha disposto, a partire dal 1.07.2024 (termine ulteriormente prorogato al 1.01.2025 dal decreto Milleproroghe 2024) l’abrogazione delle norme di esclusione recate dall’art. 4, cc. 4, 5 e 6 D.P.R. 633/1972, ma, allo stesso tempo, ha previsto l’introduzione di nuove ipotesi di esenzione da Iva. Tali previsioni sono recate dall’art. 10, c. 4 e ss. D.P.R. 633/1972 e riflettono le esenzioni previste dall’art. 132 della direttiva 2006/112/CE. Come vedremo, sono escluse da tali novità le sole ODV e APS con ricavi annui non superiori a 65.000 euro. Tale limite potrà essere innalzato, con l’autorizzazione UE sui regimi fiscali, sino a 130.000 euro, consentendo a ODV e APS di potere applicare il trattamento di favore previsto dall’art. 86 del CTS.

In particolare, relativamente ai corrispettivi specifici versati dagli associati, merita qui ricordare che saranno assoggettate al regime di esenzione“le prestazioni di servizi e le cessioni di beni a esse strettamente connesse, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extrascolastica alla persona, a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello Statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali hanno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività, e che, per legge, regolamento o statuto, fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci associati o partecipanti e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali”.
Le esenzioni elencate sopra si applicano a condizione che:

  • esse non provochino distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’Iva;
  • le associazioni interessate prevedano statutariamente il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione, nonché fondi, riserve e capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge e si conformino alle clausole statutarie recate dall’art. 10, c. 5 D.P.R. 633/1972, ovvero alle corrispondenti clausole previste dal D.Lgs. 117/2017.

Nel rispetto di tali condizioni, quindi, anche gli enti del Terzo settore potranno beneficiare dell’esenzione.
Appare logica conseguenza come la nuova normativa comporterà la necessità di aprire la partita Iva per gli enti che fino a questo momento ne erano sprovvisti (con tutti gli adempimenti contabili e fiscali che ne conseguono), e conseguenti oneri amministrativi per gli enti.

Occorre, inoltre, ricordare che il D.L. 146/2021 (art. 5, c. 15-quinquies) prevede che, nelle more della piena operatività delle disposizioni del Codice del Terzo settore (vedi art. 104, c. 2, CTS), le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, con volume di affari non superiore a 65.000 euro, a partire dal 1.01.2024, possono avvalersi del regime di franchigia, previsto per i soggetti forfetari dall’art. 1 cc. 54-63 L. 190/2014.
In pratica, ODV e APS, che aderiscono a tale regime forfetario previsto dalla L. 190/2014, saranno tenute a emettere fattura senza addebitare l’Iva in via di rivalsa e non potranno detrarre l’Iva sulle fatture di acquisto. Peraltro, tali associazioni saranno esonerate dagli obblighi di versamento dell’Iva e delle relative comunicazioni delle liquidazioni periodiche. Vi sono, tuttavia, alcuni punti da chiarire.
È da chiarire, ad esempio, se, nel periodo transitorio, ODV e APS, laddove svolgano attività di tipo commerciale, anche dopo il 1.01.2024 possano, comunque, continuare a utilizzare il regime Iva per cui hanno optato fino a ora (ad esempio, la L. 398/1991) e non siano, quindi, obbligate a optare per il menzionato regime fiscale previsto dalla L. 190/2014 (art. 1, c. 58-63). L’opinione prevalente è per la facoltà e non per l’obbligo.
Un altro punto da verificare è relativo alla determinazione dei corrispettivi da computare nel plafond di 65.000 euro di proventi da attività commerciale. Infatti, dal 1.07.2024 verranno attuate in campo Iva, pur in regime di esenzione, le principali attività svolte nei confronti di soci, associati e partecipanti dietro corrispettivi specifici, di cui si è detto sopra.
È evidente che, senza un’attenta programmazione delle entrate, il rischio, a parità di altre condizioni, è di trovarsi, a fine anno, avendo sforato il plafond di 65.000 euro.

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