Diritto del lavoro e legislazione sociale
25 Ottobre 2025
La Cassazione, con la sentenza 6.10.2025 n. 26757, ha escluso l’assoggettamento previdenziale dell’indennità supplementare prevista dal contratto collettivo dei dirigenti industriali, riconoscendone la natura risarcitoria.
La vicenda trae origine dal ricorso proposto dall’Inps, anche in qualità di mandatario della S.C.C.I. S.p.A., contro la sentenza n. 702/2018 della Corte d’Appello di Torino, che aveva annullato un avviso di addebito pari a 78.419,63 euro. L’importo riguardava presunti contributi previdenziali dovuti sull’indennità supplementare riconosciuta a un dirigente, licenziato ingiustamente da una società del settore informatico. La Corte territoriale aveva qualificato tale indennità come somma di natura risarcitoria, destinata a compensare il pregiudizio derivante da un recesso illegittimo, e non come reddito collegato all’esecuzione del rapporto di lavoro. L’Inps, impugnando la decisione, aveva sostenuto che la funzione risarcitoria non esclude di per sé la contribuzione, richiamando la necessità di distinguere tra danno emergente e lucro cessante.
Punto di vista della Cassazione – La Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza 6.10.2025, n. 26757, ha respinto il ricorso dell’Istituto e chiarito in modo definitivo la natura dell’indennità supplementare. Il Collegio ha distinto con precisione tra materia fiscale e materia contributiva, evidenziando che la prima considera imponibili tutte le somme connesse, anche indirettamente, al rapporto di lavoro, mentre la seconda si limita a quelle che costituiscono un effettivo corrispettivo di attività lavorativa.
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