Imposte dirette

24 Giugno 2022

Fiscalità del conferimento dello studio, il valore della clientela

Il conferimento dello studio professionale in società e la tassazione o meno del valore della clientela.

L’interpello 107/2018 dell’Agenzia delle Entrate analizza la fiscalità correlata alla trasformazione di studio associato in STP costituita sotto forma di società commerciale (di persone). L’Agenzia ha sostenuto che, trattandosi di trasformazione eterogenea, l’operazione va trattata come un conferimento di studio professionale in società. Nell’interpello in questione, modificando un precedente orientamento, l’Agenzia ha dichiarato produttivo di materia imponibile tale conferimento, ma l’operazione, in realtà, propone più di un dubbio.

Iniziamo ad analizzarla sotto il profilo della fiscalità diretta. Nella citata risposta 107/2018 emerge che gli elementi conferiti sono a vario titolo imponibili in capo al conferente:

  • i beni strumentali materiali ed immateriali generano plusvalenze tassabili ex art. 54, c. 1-bis del Tuir;
  • i beni diversi da quelli strumentali e i crediti generano imponibile al valore normale ex art. 9, c. 2 del Tuir.

Per quanto attiene alle plusvalenze/minusvalenze va ricordato che concorrono a formare il reddito i valori dei cespiti che sono stati acquisiti dopo il 4.07.2006, cioè dopo che nell’art. 54 del Tuir è stato introdotto il comma 1-bis. Nel caso particolare degli immobili, la rilevanza è limitata a quelli acquistati nel triennio 2007/2009, mentre con riferimento a quelli acquisiti in leasing è rilevante il fatto che il contratto sia stato stipulato nel triennio citato (D.R.E. Piemonte interpello n. 901-209-2021).

Più complessa è la situazione con riferimento ai beni non strumentali e ai crediti. Per i crediti, la tesi dell’Agenzia consiste nel considerarne come conseguito il valore normale a causa del conferimento. Postulando che in questo caso il valore normale tende a sovrapporsi con il valore nominale, si può ritenere corretto ipotizzarne la tassazione poiché il professionista non riceverà mai il corrispettivo sottostante e, con il conferimento, si può ritenere che la partecipazione rappresenti un corrispettivo non monetizzato. D’altronde, se il credito si rivelasse inesigibile, invocando le condizioni previste dall’art. 102, c. 5 del Tuir, la società conferitaria lo potrebbe portare a perdita ottenendo così la deduzione del costo.

Ma il tema più spinoso è capire se tra gli elementi conferiti diversi da quelli strumentali possa qualificarsi anche il valore della clientela. Al riguardo l’autorevole dottrina del Doc. CNDCEC del settembre 2020, ritiene che non possa essere soggetto a tassazione il valore della clientela poiché l’unica ipotesi prevista in tal senso ex art. 54, c. 1-quater è rappresentata dalla cessione monetizzata, mentre nel conferimento vi è una cessione non monetizzata. Peraltro, va aggiunto che un conto è sottoporre a tassazione un corrispettivo determinato dalle parti per il trasferimento della clientela, altro conto è assoggettare a tassazione il valore normale della clientela, che porterebbe a valutazioni necessariamente diverse, non oggettive, legate alla determinazione dell’avviamento, generando insomma incertezze nel quantum imponibile.

Dal punto di vista Iva, trattandosi di un conferimento diverso da quello di azienda si dovrebbe configurare una fattispecie imponibile, salvo poi verificare se i singoli componenti oggetto del conferimento siano rilevanti ai fini dell’Iva. Infatti, se focalizziamo l’attenzione sui crediti emerge un primo dato di “non cessione” ai fini Iva, atteso che in base all’art. 2, c. 3, lett. a) D.P.R. 633/1972, le cessioni che hanno per oggetti crediti in denaro non costituiscono cessione di beni ai fini Iva.

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