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15 Aprile 2024

Fatture: basta la falsità parziale per configurare il reato

Il reato di dichiarazione fraudolenta per l’utilizzo di F.O.I. non opera alcuna distinzione tra operazioni totalmente inesistenti e operazioni false soltanto in parte.

La III Sezione Penale della Cassazione, nella sentenza 30.10.2023, n. 43778, ha chiarito in maniera piuttosto decisa come il reato di dichiarazione fraudolenta, nel riferirsi all’uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non opera alcuna distinzione tra quelle che sono considerate totalmente inesistenti o siano connotate da una inesistenza soltanto parziale.

Invero, da un punto di vista testuale (art. 1 D.Lgs. 74/2000), nella definizione di fatture e altri documenti per operazioni inesistenti si devono far rientrare le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo, in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate, in tutto o in parte, o che indicano i corrispettivi dell’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

Si tratta in pratica della definizione, che racchiude l’oggetto materiale dei reati di emissione ed utilizzo di fatture false (ex artt. 2 e 8 D.Lgs. 74/2000). Da questa definizione, è possibile cogliere come letteralmente non sussista alcun discrimine fra “falsità totale” e “falsità parziale” delle fatture, essendo le due tipologie di illecito parificate in termini di effetti e applicazione delle misure punitive.

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