Imposte dirette

02 Ottobre 2020

Forfetari e datore di lavoro estero

L'applicazione del regime agevolato per il rimpatriato si perfeziona soltanto se il contribuente è considerato fiscalmente residente all'estero. Non è possibile applicarlo e lavorare prevalentemente nei confronti del datore estero.

Il rapporto di lavoro dipendente estero integra causa di esclusione dal regime forfettario per il soggetto lavoratore dipendente che intenda aprire partita Iva in Italia e lavorare prevalentemente nei confronti del datore/ex datore estero, con il quale sono in corso o sono intercorsi rapporti di lavoro dipendente nei 2 anni precedenti, soltanto se il dipendente/ex dipendente non è considerato residente in Italia nel periodo sorvegliato. La questione viene di recente sviscerata con la risposta 16.09.2020, n.359 che riprende la più remota risposta 30.05.2019, n. 173.

Il caso più remoto riguardava un soggetto fiscalmente residente all’estero, che per tale motivo non integra uno dei 3 requisiti al verificarsi dei quali per più 183 giorni scatta la residenza fiscale italiana, ossia:

• iscrizione nelle anagrafi comunali della popolazione residente;

• domicilio nel territorio dello Stato;

• residenza nel territorio dello Stato.

Il soggetto estero dichiarava di lavorare con contratto di lavoro a tempo indeterminato per una ditta estera e chiedeva all’Agenzia la possibilità di rientrare in Italia, aprire partita Iva forfetaria e svolgere attività professionale principalmente nei confronti di quest’ultimo datore di lavoro. L’Agenzia all’epoca aveva dato parere positivo (partendo dall’assunto non verificato della perfezionata iscrizione all’Aire) poiché la ratio dell’art. 57, lett. d-bis, L.190/2014, è evitare artificiose trasformazioni di attività di lavoro dipendente in attività di lavoro autonomo, perché non esistono criteri di collegamento tra il territorio italiano e i redditi da lavoro dipendente percepiti all’estero: trattandosi appunto di un cittadino non fiscalmente residente in Italia, tali redditi non vanno dichiarati in Italia, ma solo nello Stato estero in cui sono percepiti.

Al contrario, se il soggetto è qualificato come residente in Italia (poiché integra per la maggior parte del periodo d’imposta uno dei requisiti sopra descritti: nel caso in questione, l’iscrizione nelle anagrafi italiane, poiché l’istanza di iscrizione all’AIRE non ha ancora ricevuto risposta e l’iscrizione non si è perfezionata), tale contribuente deve tassare il reddito da lavoro dipendente di fonte estera in Italia. Detto ciò, l’Agenzia rileva che il collegamento con il territorio italiano è presente e che quindi si integra la causa di esclusione dal regime forfetario di cui all’art. 57, lett. d-bis.

A maggior ragione, il soggetto non potrebbe fruire del regime agevolato se dal rapporto di lavoro estero gli derivasse un reddito da lavoro dipendente superiore a 30.000 euro lordi, poiché si integrerebbe l’ulteriore causa di esclusione di cui alla lettera d-ter. I 30.000 Euro devono essere considerati per il periodo d’imposta 2019 riferendosi all’anno solare 1.01-31.12, senza che si possa utilizzare il diverso riferimento temporale che l’istante suggerisce (1.04-31.03) quale periodo d’imposta nel Paese estero di provenienza.

Infine, l’Agenzia afferma che se nel 2021 il soggetto si qualificasse come residente all’estero (perché si perfeziona l’iscrizione all’Aire) non potrebbe accedere al regime forfettario dedicato ai soli soggetti residenti in Italia o residenti in uno Stato UE o nello SEE, che producano nel territorio italiano almeno il 75% del reddito complessivo (circostanza che con le informazioni in possesso non parrebbe verificarsi).

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