Imposte dirette

03 Giugno 2022

Il compenso amministratore per il contribuente forfetario

Come percepire il compenso amministratore per il contribuente forfetario? Quando integra una causa ostativa? Le risposte da cercarsi nella circolare n. 9/E/2019.

Il contribuente forfetario (art.1, cc. 54 a 89 L. 190/2014) che ricopre anche la carica di amministratore di Srl a seconda della qualifica dello stesso contribuente, per il compenso amministratore, deve alternativamente emettere fattura oppure ricevere il compenso attraverso cedolino paga.

Se il contribuente forfetario è un dottore commercialista, il proprio ordinamento professionale ha espressamente ricompreso nel novero delle mansioni tipiche esercitabili l’amministrazione o la gestione di aziende, così come rientra nel novero delle proprie mansioni, anche in assenza di una previsione espressa nell’ambito delle norme di disciplina dell’ordinamento professionale. Un ulteriore caso è dato dal professionista che svolge l’incarico di amministratore di una società o di un ente che esercita un’attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della propria professione abituale (ad esempio, l’ingegnere edile che è membro del consiglio di amministrazione di una società di ingegneria). In questi casi, il compenso per l’incarico di amministratore rientra nel novero dei redditi da lavoro autonomo e va fatturato come qualsiasi altra prestazione professionale e rientra quindi nel quadro LM.

Se invece il professionista forfetario non appartiene alla categoria sopra citata o non svolge un’attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della sua professione, per percepire un compenso per la carica di amministratore deve ricevere un cedolino paga (ex. Co.co.co); pertanto, il reddito che viene a percepire è un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente.

A tal riguardo la circolare n. 9/E/2019 ha fornito chiarimenti ai fini della causa ostativa di cui alla lett. d-bis), ossia la causa che prevede che non possono avvalersi del regime forfetario le persone fisiche la cui attività sia svolta prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono intercorsi rapporti di lavoro nei 2 anni precedenti.

Circa l’interpretazione della locuzione “datori di lavoro” la lett. d-bis intende ricomprendere sia i percettori di reddito da lavoro dipendente che assimilato.

Cosa ricomprendere quindi nell’ambito del reddito assimilato al lavoro dipendente, ossia cosa integra la causa ostativa e cosa no?

La causa ostativa non si integra (non fornendo un elenco esaustivo) tra le altre casistiche per:

  • i pensionati qualora la pensione sia obbligatoria in termini di legge;
  • borse di studio;
  • rendite vitalizie;
  • somme percepite da revisori o sindaci (art. 50, lett. c-bis) del Tuir).

Invece si integra, tra le altre, per il compenso amministratore, ossia esso viene considerato reddito assimilato a lavoro dipendente e qualora il contribuente apra la partita Iva in regime forfetario e svolga in prevalenza la sua attività professionale nei confronti del datore di lavoro (da cui percepiva il compenso amministratore) non può avvalersi del regime forfetario.

Tuttavia, la stessa circolare dispone che se i 2 rapporti di lavoro già esistevano, ossia il contribuente conseguiva sia redditi di lavoro autonomo che redditi di lavoro dipendente (o assimilati) nei confronti del medesimo datore la causa ostativa in esame non trova applicazione.

Quindi, per analogia si può dedurre che i compensi amministratori non debbano superare i 30.000 euro lordi nell’anno precedente per rimanere nel regime forfetario (la circolare in esame non aveva trattato il caso in quanto antecedente all’introduzione della lettera d-ter che ha previsto tale soglia, introdotta dalla legge di Bilancio 2020), essendo appunto qualificati quali redditi assimilati a lavoro dipendente.

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