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06 Dicembre 2022

“Gianni, l’ottimismo è il profumo della vita”. Tonino Guerra

Si avvicina il Natale e vorrei regalarvi un momento di leggerezza con un gioco.

Vi trovate in aeroporto pronti per partire in ferie e, al gate, viene comunicato che il vostro aereo, per un’anomalia al motore, non potrà decollare prima di domani.

Qual è la vostra reazione?

  • Maledizione, che sfortuna! Ho perso un giorno di vacanza. Non ci voleva proprio”;
  • Che fortuna, meno male che se ne sono accorti! Pensa, se fossimo stati già in volo”.

Se il vostro atteggiamento è prossimo alla prima soluzione, siete tendenzialmente pessimisti, il mio auspicio è che qualche spunto di riflessione potrebbe aiutarci.

Fermiamoci un attimo a pensare cosa accade quando siamo imbrigliati dal pessimismo e quali risvolti in ambito lavorativo potrebbero realizzarsi: tendiamo ad avere una visione negativa del futuro e una percezione altrettanto negativa delle persone. Ci aspettiamo il peggio da tutti e in tutto, predisponendoci ad assumere un comportamento discutibile. Osservando il mondo che ci circonda, scopriamo difetti, fini maldestri, vediamo egoismo e malvagità ovunque. Improvvisamente, riteniamo che la società di cui facciamo parte è composta da gente pericolosa, spietata, gretta e corrotta. Dubitiamo di tutti (anche di noi stessi), diventiamo tendenzialmente pigri, a volte anche avari, perché non è giusto essere generosi con la gente avida, scorretta e sfruttatrice. Davanti alle difficoltà quotidiane restiamo paralizzati e perdiamo ogni stimolo di reazione. Da persone pessimiste vediamo i colleghi come antagonisti e i nostri collaboratori demotivati (rischiando di diventare anche un po’ invidiosi e codardi).

Domanda: tutto questo, ci è di aiuto nel lavoro e nella nostra organizzazione? Assolutamente no! Anzi, genera uno stato di “fragilità”, quasi una profezia che si autoavvera, perché ciò che si decide o non si decide di fare, ha un effetto su quanto accadrà. Il pessimismo limita le nostre capacità, abilità, controllo sull’azione e sul pensiero. Cedendo sotto la scure di uno stato mentale deprimente, diventiamo rinunciatari, ci arrendiamo agli altri o, ancor peggio, al fato.

Riflettiamoci un attimo: i nostri pensieri non rappresentano solo quelli che attraversano la mente, ma sono reazioni agli eventi e ne cambiano il loro corso perché, ciò che siamo oggi, è il risultato dei giudizi e delle scelte fatte ieri.

Così, essere ottimisti può diventare la premessa e la conseguenza di un circolo virtuoso che vede in primis noi stessi e, poi, la nostra organizzazione pronta ad affrontare le avversità con un atteggiamento più costruttivo e creativo. Anche le sfide più ardue e fastidiose vengono affrontate con uno spirito combattivo perché, abbiamo la sensazione, di poter controllare gli eventi e fornire una risposta più adeguata. Quando l’ottimismo diventa il “comun denominatore” del gruppo, sviluppa energia, creatività, serenità e una spinta per arginare gli effetti frenanti dei pessimisti, depressi, passivi, masochisti e disfattisti.

L’ottimismo è un bene prezioso, un valore aggiunto che rende chi lo possiede forte, positivo, creativo e trascinante. Le sfide vengono vissute come opportunità e non come problemi o insidie; le medesime difficoltà si affrontano trasformandole in occasioni per esaltare le capacità e non come incidenti che svelano i propri limiti. L’ottimismo unisce gli uomini perché è contagioso, li guida verso una meta e li trascina aiutandoli a trasformare gli svantaggi in occasioni da cogliere. La cosa più importante da tener presente è che l’ottimismo è uno stato d’animo e non un’emozione. Lo stato d’animo, infatti, comporta un ragionamento che si costruisce mentalmente. Si sceglie perché è dettato dalla volontà.

In conclusione, l’ottimismo è un’energia interiore che influenza non solo il lavoro ma la visione della vita e i rapporti con gli altri; è anche, per citare il poeta Tonino Guerra (che con il suo entusiasmo riuscì a superare la drammatica esperienza della prigionia del campo di concentramento), “il profumo della vita”.

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