Imposte dirette

05 Ottobre 2022

Immobili a uso promiscuo nel reddito di lavoro autonomo

Gli immobili utilizzati dai professionisti sia per scopi professionali, sia per scopi abitativi, trovano una particolare disciplina nella determinazione del reddito di lavoro autonomo.

Un trattamento fiscale particolare è previsto per gli immobili strumentali del professionista destinati a uso promiscuo, vale a dire per gli immobili adibiti sia per l’esercizio dell’attività professionale, sia per l’uso personale o familiare del professionista. L’art. 54, c. 3 D.P.R. 917/1986 stabilisce, infatti, che “per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile una somma pari al 50% della rendita ovvero, in caso di immobili acquisiti mediante locazione, anche finanziaria, un importo pari al 50% del relativo canone”, a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo Comune di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione.

Come precisato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 35/E/2012, ai fini della deduzione del 50% della rendita e dei canoni di locazione, anche finanziaria, è irrilevante la porzione dell’unità immobiliare che il professionista decide di utilizzare per lo svolgimento dell’attività professionale (es. una sola stanza o più della metà dell’immobile).

Secondo la giurisprudenza di merito (C.T.R. Milano 18.12.2014, n. 6975), se un lavoratore autonomo dispone a qualunque titolo di un immobile dove svolge la propria professione, non si può presumere che utilizzi promiscuamente (per la professione e per esigenze personali) un altro immobile ubicato nello stesso Comune, con la conseguente indeducibilità dei relativi costi.

Il documento CNDCEC – FNC del 25.07.2019 ha osservato che, per gli immobili strumentali in piena proprietà, manca una norma che preveda espressamente la deducibilità degli interessi passivi corrisposti sui finanziamenti eventualmente contratti per il loro acquisto: l’art. 54, c. 3 D.P.R. 917/1986, con riguardo agli immobili ad uso promiscuo, si limita ad affermare soltanto che sono deducibili nella misura del 50% le spese per i servizi ad essi relativi. Secondo la Fondazione “(…) ragioni di ordine sistematico inducono a ritenere che, in tal caso, gli interessi passivi siano deducibili dal reddito di lavoro autonomo. Infatti, pur mancando una disposizione espressa, vale sempre la regola prevista dall’art. 54, c. 1 del Tuir, secondo cui il reddito di lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e quello delle spese sostenute nel periodo d’imposta di riferimento, inerenti all’esercizio dell’attività. Trattandosi, nella specie, di immobili strumentali, deve sicuramente affermarsi l’inerenza dei relativi interessi passivi”. In tal senso, in precedenza, anche la circolare IRDCEC 12.05.2008, n. 1/IR.

Nel caso di immobili in leasing utilizzati promiscuamente è possibile dedurre un importo pari al 50% del canone o della rendita catastale a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo Comune di un altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’attività, controllando il momento della stipula del contratto:

  • entro il 31.12.2006, è deducibile soltanto il 50% della rendita catastale;
  • dal 1.01.2007 fino al 31.12.2009, è possibile dedurre il 50% del canone a condizione che il contratto abbia durata non inferiore a 15 anni;
  • dal 1.01.2010 fino al 31.12.2013, non è consentita alcuna deduzione;
  • dal 1.01.2014, è possibile dedurre il 50% del canone a condizione che il contratto abbia durata non inferiore a 12 anni.

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