Diritto del lavoro e legislazione sociale
08 Settembre 2025
La Cassazione conferma la giusta causa per il dipendente che ha utilizzato i permessi per attività estranee all’assistenza familiare.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 28.08.2025, n. 24093, ha confermato il licenziamento disciplinare di un dipendente per uso improprio dei permessi retribuiti previsti dalla L. 104/1992. Il lavoratore, nei giorni di assenza autorizzata, si era dedicato a occupazioni personali, tra bar, centri scommesse, supermercati e accompagnamenti del figlio in un centro sportivo, senza svolgere attività di assistenza alla sorella disabile. Le indagini investigative, condotte dal datore di lavoro e ritenute legittime dai giudici, hanno offerto un quadro chiaro delle condotte contestate, confermando la violazione del vincolo funzionale richiesto dalla normativa.
Percorso giudiziario – In primo grado, il Tribunale di Napoli Nord aveva accolto il ricorso del dipendente, ritenendo insufficiente il quadro probatorio anche per la contumacia della società. Successivamente, la Corte d’appello di Napoli ha ribaltato la decisione, giudicando pienamente dimostrato l’abuso dei permessi.
I giudici di secondo grado hanno sottolineato che l’assenza di attività di assistenza nei giorni contestati rendeva il comportamento del lavoratore incompatibile con i doveri contrattuali e tale da legittimare la sanzione espulsiva.
Decisione della Suprema Corte – La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del lavoratore, confermando la lettura dei giudici territoriali. Il primo motivo di impugnazione è stato ritenuto confuso e privo di una corretta correlazione con i parametri di legge, mentre il secondo, incentrato su presunti vizi motivazionali, non individuava fatti storici specifici omessi nella valutazione.
La Suprema Corte ha inoltre ribadito che la sede di legittimità non consente una nuova valutazione delle prove, ma impone motivazioni precise e puntuali. È stato confermato, inoltre, che il giudice d’appello può utilizzare le prove raccolte in primo grado, anche in presenza della contumacia di una parte, quando esse risultano già acquisite al fascicolo e decisive per il giudizio.
Indicazioni per imprese e lavoratori – La sentenza consolida un orientamento ormai costante, che richiede un utilizzo rigoroso dei permessi previsti dalla L. 104. Per i datori di lavoro, la decisione offre un riferimento chiaro per lo sviluppo di procedure investigative rispettose della normativa, utili a documentare eventuali abusi.
Per i lavoratori, il pronunciamento evidenzia l’importanza di mantenere il nesso funzionale tra permesso e assistenza, senza interpretazioni personali che possano trasformarsi in condotte sanzionabili.
Dal punto di vista processuale, il caso evidenzia la necessità di ricorsi ben articolati e tecnicamente corretti: motivazioni generiche o confuse riducono drasticamente le possibilità di accoglimento in sede di legittimità.