Diritto del lavoro e legislazione sociale

26 Settembre 2025

Patto di non concorrenza: quando la clausola è nulla

La Corte d’Appello di Catania, con la sentenza 11.07.2025, n. 593, ribalta un accordo tra azienda e dipendente: corrispettivo insufficiente e vincoli troppo ampi rendono invalido il contratto.

La controversia ha preso avvio da una disputa tra una società specializzata in sviluppo software e big data e un suo ex dipendente, assunto nel 2012 come supporto informatico e successivamente promosso a Lead Programmer e Product Manager. Al momento dell’assunzione, le parti avevano sottoscritto un patto di non concorrenza post-contrattuale della durata di 18 mesi, esteso all’intero territorio nazionale, con un corrispettivo di soli 150 euro mensili.

Dopo le dimissioni del lavoratore nell’aprile 2020, l’azienda ha scoperto che nel maggio 2021 l’ex dipendente aveva iniziato a collaborare con una società concorrente costituita da altri ex dipendenti dello stesso settore. La società ha quindi avviato un’azione legale chiedendo il pagamento di 37.640 euro tra restituzione del corrispettivo e penale, mentre il lavoratore ha contestato la validità del patto. Il Tribunale di Catania ha dichiarato la nullità dell’accordo, decisione poi confermata dalla Corte d’Appello con la sentenza 11.07.2025, n. 593.

Vizi che rendono nullo il contratto – La Corte ha individuato 3 elementi fondamentali che rendono invalido il patto di non concorrenza. Il primo riguarda l’indeterminatezza dell’oggetto: il divieto era formulato in modo eccessivamente generico, impedendo al lavoratore di svolgere qualsiasi attività di programmazione in Italia.

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