Diritto del lavoro e legislazione sociale
25 Luglio 2025
La Cassazione stabilisce che saltare l’obbligo di ricollocazione comporta sempre il reintegro. Decisiva anche l’incoerenza dell’imprenditore nella scelta del personale da licenziare durante le riorganizzazioni aziendali.
Un licenziamento disposto il 29.07.2021 a seguito di una riorganizzazione aziendale è stato oggetto di un articolato percorso giudiziario. Il Tribunale di Bologna aveva inizialmente riconosciuto l’illegittimità del recesso e disposto la reintegra, successivamente convertita in tutela indennitaria con la sentenza n. 305/2023. La Corte d’Appello di Bologna ha poi riformato in parte la decisione, ripristinando la tutela reintegratoria e accertando una violazione del repêchage e un’evidente incoerenza nei criteri di scelta adottati dall’imprenditore.
Rigetto del ricorso in Cassazione – La Corte di Cassazione, con la sentenza 9.07.2025, n. 18804, ha rigettato il ricorso del datore di lavoro, confermando integralmente la decisione di secondo grado. La violazione del repêchage è stata qualificata come elemento costitutivo del giustificato motivo oggettivo, la cui assenza comporta l’applicazione dell’art. 18, c. 4 dello Statuto dei lavoratori. Il repêchage richiede al datore di lavoro di verificare concretamente se esistano posizioni alternative prima di procedere al licenziamento.
La Cassazione ha chiarito che questo onere deve essere valutato nel suo complesso, considerando anche le circostanze antecedenti al momento formale del recesso che possano rivelare mancanza di buona fede imprenditoriale. La semplice soppressione del posto di lavoro risulta insufficiente se l’azienda aveva la possibilità di assegnare il dipendente a mansioni diverse compatibili con le sue competenze professionali.