Diritto del lavoro e legislazione sociale

27 Luglio 2023

Trattamento di fine mandato, dalla Cassazione ulteriori indicazioni

L’attribuzione del TFM all’amministratore avvenuta insieme alla sua nomina compromette le caratteristiche di certezza in quanto non vi è atto avente data certa anteriore alla nomina.

Con l’ordinanza 10.07.2023, n. 19445 la Cassazione torna ancora una volta sui concetti legati alla deducibilità degli accantonamenti al trattamento di fine mandato (TFM). In generale, la disciplina relativa alla deducibilità di tale accantonamento, a favore degli amministratori, è soggetta alle regole di deducibilità previste dall’art. 105, c. 4 del Tuir, il quale fa specifico richiamo all’art. 17, c. 1, lett. c) del Tuir. Così, in base al combinato disposto degli artt. 17 e 105 del Tuir, possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, purché ciò risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo. In assenza di data certa, l’onere sostenuto dalla società risulta deducibile nell’esercizio in cui viene erogata l’indennità (principio di cassa).

Ciò premesso, nell’ambito dell’ordinanza in esame, due passaggi appaiono alquanto controversi; in primis, la Corte afferma che se l’attribuzione del TFM all’amministratore è “avvenuta coevamente alla sua nomina, non vi è un atto avente data certa anteriore alla nomina medesima”. Così, per i giudici, l’attribuzione di un TFM “coevo” alla nomina dell’amministratore compromette le caratteristiche di certezza e determinabilità richieste dall’art. 109 del Tuir, benché l’art. 17 del Tuir faccia riferimento a un “atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto”. In particolare, il concetto di anteriorità si aggancia al momento di accettazione degli amministratori.

Sul punto la stessa Cassazione, nell’ordinanza n. 13384/2020, ha affermato che, ai fini della deducibilità per competenza dell’accantonamento al TFM, è necessaria “la preventiva formazione del verbale assembleare di nomina degli amministratori e la successiva accettazione da parte di costoro ovvero, in alternativa, una preventiva comunicazione sociale al singolo amministratore, avente data certa e contenente l’indicazione della volontà assembleare di nominare il destinatario della missiva come componente dell’organo di gestione, riconoscendogli il diritto al trattamento di fine mandato”.

Sotto il profilo civilistico, il compenso pagato senza una delibera preventiva non può essere ricollegato alla volontà dell’assemblea, che è l’unica a poterlo determinare. Così, in assenza di un atto assembleare di determinazione non solo del diritto dell’amministratore alla percezione del TFM, ma anche del suo ammontare annuo, di data certa anteriore all’inizio del rapporto, l’onere sostenuto dalla società risulta deducibile nell’esercizio di erogazione dell’indennità di fine mandato (per cassa). Alla luce di tali indicazioni, pare siano necessari 2 passaggi obbligati: uno legato alla nomina e attribuzione del TFM mediante delibera assembleare; l’altro, invece, collegato alla successiva (in ordine di tempo) accettazione da parte dell’amministratore.

In senso contrario a tale impostazione si era espressa l’AIDC con la norma di comportamento 7.04.2011, n. 180; in tale documento, infatti, si precisa che il regime di deducibilità per competenza del trattamento di fine mandato è applicabile a prescindere dal fatto che il diritto all’indennità sia stabilito anteriormente all’inizio del rapporto, in sede di nuova nomina di amministratori il cui mandato è venuto a scadenza o in costanza di rapporto.

Altro aspetto evidenziato dall’ordinanza in esame concerne l’effetto delle dimissioni ai fini del diritto al TFM. Nel caso oggetto di intervento della Suprema Corte, l’amministratore unico della società si era dimesso ed è stato immediatamente nominato. Conseguentemente, per la Cassazione “l’interruzione del rapporto con la società risultava meramente formale, in quanto, sostanzialmente, non vi è stata soluzione di continuità tra la nomina avvenuta con l’assemblea … e l’altra nomina avvenuta precedentemente, ragion per cui l’attribuzione del TFM, nella specie, è stata addirittura successiva all’inizio del rapporto”. Per la Corte, quindi, è possibile la deduzione per competenza del TFM se viene a crearsi una soluzione di continuità tra il momento delle dimissioni e, quello, della successiva nomina in assemblea degli amministratori. Di fatto, dunque, è evocata una continuità tra le nomine che lascia non poche perplessità di adattamento alla disciplina del TFM.

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