Diritto del lavoro e legislazione sociale
10 Maggio 2025
Con l’ordinanza 23.04.2025, n. 10730 la Cassazione ribadisce che il datore di lavoro deve proteggere il dipendente anche da situazioni stressogene prive di intento vessatorio.
La recente ordinanza della Cassazione n. 10730/2025 ha contribuito a chiarire un principio fondamentale: il datore di lavoro è tenuto a tutelare la salute dei dipendenti anche in assenza di comportamenti intenzionalmente persecutori.
La vicenda trae origine dal ricorso di una lavoratrice contro il Ministero del Lavoro, che lamentava danni derivanti da un ambiente stressogeno, aggravato dall’assegnazione di compiti non graditi e da una gestione inadeguata del carico di lavoro. La Corte d’Appello di Ancona aveva respinto la domanda, escludendo il mobbing per mancanza di sistematicità e intento vessatorio. Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto necessario un nuovo esame, sottolineando che l’obbligo previsto dall’art. 2087 c.c. non può essere subordinato alla configurazione sociologica di mobbing o straining, ma deve basarsi sulla verifica concreta delle condizioni lavorative e del loro effetto sulla salute psicofisica del lavoratore.
Dovere di protezione che non dipende dall’intenzionalità – Secondo la Cassazione, l’inadempimento datoriale deve essere valutato autonomamente rispetto alla volontà di perseguitare. La Corte ha ribadito che il giudice di merito, nel valutare la domanda risarcitoria, deve considerare se l’ambiente lavorativo sia stato reso stressante in misura tale da compromettere la salute, indipendentemente dalla presenza di un disegno persecutorio.