Società e contratti

21 Ottobre 2021

Variazione del prezzo nella cessione di quote tra privati

Il conguaglio segue le regole fiscali delle plusvalenze, al pari dell'operazione principale, ma con le regole fiscali pro tempore vigenti.

L’interpello 686/2021 è intervenuto a chiarire il pensiero dell’Agenzia delle Entrate sul tema dei conguagli di prezzo successivi alle cessioni di partecipazioni.

La casistica è quantomai ampia e l’intervento dell’Agenzia, in risposta al caso specifico, si limita ad analizzare il caso di una cessione tra 2 soggetti non esercenti attività economiche dovuta a un evento successivo rispetto al contratto. Nella pratica, il conguaglio legato a eventi successivi esprime un fenomeno distinto sia dal differimento del prezzo, sia dall’indennizzo per obbligazioni derivanti da fatti passati, accertati definitivamente dopo la stipula del contratto.

Il riconoscimento del conguaglio di prezzo può avvenire, in base agli accordi contrattuali, anche anni dopo la data di stipula del contratto di acquisto della partecipazione, con effetti patrimoniali e finanziari sia per il soggetto acquirente delle partecipazioni, sia per il soggetto cedente. Nel caso esaminato dall’Agenzia, al venditore spetta un conguaglio in quanto il cessionario è riuscito a rivendere la partecipazione a un prezzo superiore a quello di acquisto.

A questo proposito, l’Agenzia ricorda che il presupposto impositivo del capital gain, non realizzato nell’ambito di attività di impresa o di lavoro autonomo, si origina con il “perfezionamento del trasferimento” e non “all’incasso del corrispettivo”. Da qui consegue che il momento del “perfezionamento del trasferimento” determina il regime applicabile e “l’incasso del corrispettivo” determina il periodo di imposta in cui il reddito deve essere assoggettato a tassazione, sulla base del principio di cassa riservato ai soggetti menzionati.

Fissati questi principi, è facile per l’Agenzia concludere che, nel caso esaminato, l’integrazione di prezzo corrisposto nel 2020 a seguito di una cessione realizzata nel 2015 costituisce per il cedente reddito da capital gain, assoggettato alla tassazione vigente che richiede l’assolvimento di un’imposta sostitutiva del 26%.

Interessante rilevare che così operando, la tassazione della plusvalenza 2015 e quella successiva del 2019 sono soggette a 2 modalità di tassazione diverse, ciascuna in applicazione della normativa pro tempore vigente.

L’Agenzia rileva anche che l’integrazione di prezzo, per il primo cessionario, non comporta conseguenze fiscali in quanto l’integrazione incrementa il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione. Il cessionario, pertanto, dovrà determinare la plusvalenza sulla seconda cessione rispetto al costo della partecipazione così integrato.

La questione appare semplice e condivisibile. È però vero che le casistiche sono estremamente varie e quindi occorrerebbe valutare se i principi enunciati dall’Agenzia possono tornare utili anche per individuare il regime fiscale applicabile a casi più complessi.

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