Imposte dirette

26 Ottobre 2023

Criteri rigorosi per dedurre le perdite su crediti

Ribaditi in una recente ordinanza della Cassazione i criteri per la deduzione delle perdite su crediti.

Un recente caso trattato dalla Cassazione, sfociato nell’ordinanza 26.09.2023, n. 27352, offre lo spunto per riepilogare i rigorosi criteri imposti dalla vigente normativa fiscale per la deduzione delle perdite su crediti. Ai sensi dell’art. 101, c. 5 del Tuir, le perdite su crediti sono deducibili solo se risultano da elementi certi e precisi, circostanza che deve essere provata dal contribuente.
A questa regola generale, tuttavia, si affiancano alcune deroghe che consentono la deduzione anche nei seguenti casi:

  • quando il debitore è assoggettato a procedure concorsuali e istituti assimilati;
  • quando si tratta di crediti di modesta entità, scaduti da oltre 6 mesi;
  • quando il credito è prescritto;
  • quando il credito viene cancellato in applicazione dei principi contabili.

La Suprema Corte, nella pronuncia in rassegna, ha affrontato il tema della deduzione di perdite su crediti derivanti dal fallimento del debitore. La deduzione, stante anche il tenore letterale della norma, è ammessa a decorrere dal periodo d’imposta in cui il debitore risulta assoggettato alla procedura concorsuale e, quindi, a seconda dei casi, si prendono a riferimento la data della sentenza dichiarativa di fallimento, la data del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa, la data di ammissione al concordato preventivo, la data di omologa dell’accordo di ristrutturazione.

Il problema che si pone è individuare il corretto esercizio di competenza in cui dedurre il componente negativo, soprattutto quando ciò non avvenga nell’esercizio in cui viene dichiarata la procedura. La Cassazione, confermando un proprio orientamento consolidato, ha affermato che il periodo di competenza per operare correttamente la deduzione delle perdite su crediti deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che questi non possono essere soddisfatti, non potendo essere questa scelta rimessa al libero arbitrio del contribuente.

Quando il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, prosegue la Suprema Corte, la deduzione è ammessa ai sensi del citato art. 101, c. 5 del Tuir, che va interpretato nel senso che la deduzione avviene entro la finestra temporale che va dalla data della sentenza dichiarativa al periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si deve procedere alla cancellazione del credito dal bilancio.

Il giudice, pertanto, qualora la deduzione non sia avvenuta nell’esercizio in cui è stata aperta la procedura, dovrà accertare in quale periodo d’imposta il contribuente avrebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito secondo corretti principi contabili, perché sarà quello l’esercizio in cui potrà essere dedotta fiscalmente la perdita. In sintesi, secondo la Cassazione, la deduzione non operata nell’esercizio in cui viene dichiarata l’apertura della procedura concorsuale, non può avvenire in un periodo successivo, ma soltanto nell’esercizio in cui il credito deve essere cancellato secondo i principi contabili.

Questa impostazione della giurisprudenza di legittimità, a cui ovviamente si allinea l’Agenzia delle Entrate, non trova assolutamente concorde la dottrina maggioritaria, tra cui Assonime e AIDC. Una possibilità, che non sembra in conflitto con la ratio della norma, potrebbe essere quella di rimettere all’imprenditore la valutazione dell’imputazione temporale della perdita in funzione dell’andamento della procedura, restando sempre nel perimetro dei principi contabili.

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