Consulenza aziendale, commerciale e marketing

21 Dicembre 2015

Governare è far credere

L`aforisma tratto da <i>Il Principe</i> di Niccolò Machiavelli ben si attaglia al momento storico che stiamo attraversando.

La conquista del potere e successivamente la sua conservazione risiede sovente nel far credere al popolo che ciò che si sta facendo è nel suo esclusivo interesse, e se le cose non vanno per il giusto verso la colpa è sempre di qualcun altro o degli eventi infausti: dell`Europa che ce lo chiede, degli oppositori politici, delle circostanze, della crisi economica, del terrorismo, eccetera. Quando viene emanata una norma particolarmente astrusa, chi governa è lì pronto a giustificarne la necessità perché non si poteva fare altrimenti, e se non si fosse agito in quella direzione le conseguenze per il popolo potevano essere ben peggiori, pertanto si è operato a suo esclusivo beneficio.

Lungi dal voler assumere banali atteggiamenti “qualunquistici”, estremamente pericolosi per una comunità civile, la questione non è il colore della casacca politica indossata, ma si pone in termini di esercizio del potere.
E` fuori discussione che governare è faccenda complicata, e chi esercita il potere di governo su un popolo, ad evidenza, non può lasciare contenti tutti con le sue azioni. Ciò non toglie comunque che i governati hanno buon diritto a sentirsi traditi quando chi li governa soffre di grave miopia nella gestione della cosa pubblica.
L`ultimo esempio è il c.d. decreto salva-banche, varato in gran fretta dal Governo la penultima domenica del mese di novembre, mentre molti italiani a passeggio con le famiglie oppure guardando distrattamente la televisione pensavano alla “Via Crucis” di tasse e varie fiscali da pagare fino al prossimo 16 gennaio. Una perversa emorragia di denaro concentrata in appena 2 mesi, tutta a carico dei cittadini corretti, intanto che il Governo stanziava 400 milioni di euro attraverso la Cassa Depositi e Prestiti quale garanzia a supporto dell`operazione di salvataggio delle quattro banche.
Negli ultimi giorni, vari rappresentanti del Governo ci hanno spiegato che il salvataggio delle quattro banche ha permesso di mantenere molti posti di lavoro, di cautelare i rispettivi correntisti, di evitare maggiori danni al mercato nel suo insieme; in altri termini hanno agito nel solo interesse della collettività. Bene, ne prendiamo atto. Ma dopo quanto successo negli anni passati sia con altre banche – valga per tutti il caso del Monte Paschi di Siena -, sia con altri episodi di risparmio tradito, vedi i casi Parmalat e Cirio, perché non si è agito tempestivamente per evitare che la situazione degenerasse al punto di ricorrere al salvataggio? Perché gli amministratori delle quattro banche non sono stati esautorati quando i conti iniziavano a scricchiolare e i rispettivi patrimoni ad erodersi? Perché tali amministratori mentre facevano danni continuavano a percepire lauti stipendi? Dov`erano le Autorità di controllo, quelle che adesso ci dicono che è colpa dell`Europa se si è creata questa situazione? Ecco, queste sono alcune delle domande che il governato si pone mentre gli si chiede di adempiere correttamente ai suoi doveri nei confronti dello Stato. Un governato che s`indebita anche per pagare le tasse, e chi governa decide con i soldi di tali tasse, quindi gli si deve riconoscere la dignità massima e non trattarlo da “suddito”, infischiandosene dei suoi sacrifici e rinunce mentre si mantengono certi privilegi di casta.
Concludiamo con una frase attribuita a Ettore Petrolini, famoso attore degli anni `20: “Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri, hanno poco, ma sono in tanti”.

C.F e P.IVA: 01392340202 · Reg.Imp. di Mantova: n. 01392340202 · Capitale sociale € 210.400 i.v. · Codice destinatario: M5UXCR1

© 2024 Tutti i diritti riservati · Centro Studi Castelli Srl · Privacy · Cookie · Credits