IVA

04 Ottobre 2021

Iva erroneamente applicata in fattura

Una fattispecie molto frequente che, causa una scarsa trasparenza normativa e gli inconciliabili orientamenti tra dottrina e giurisprudenza, non manca di criticità.

Premessa – Nel corso degli anni l’errata applicazione dell’Iva in fattura è stata oggetto di modifiche normative e differenti interpretazioni tra prassi e giurisprudenza. Si tratta di fattispecie dal forte interesse pratico in quanto spesso, nell’incertezza normativa, per meri fini prudenziali, si tende a evidenziare l’aliquota più elevata o a considerare come imponibili le operazioni invece fuori campo.

Applicazione di un’aliquota inferiore – In tal caso il fornitore, ai sensi dell’art. 26, c. 1, D.P.R. 633/1972, è tenuto a regolarizzare l’operazione mediante l’emissione di una nota di addebito per la sola maggiore imposta dovuta, con possibilità per il cliente di portare in detrazione la differenza di Iva corrisposta. Il comma 7 dell’art 60 D.P.R. 633/1972, disposizione novellata dall’art 93, D.L. 1/2012, consente al cedente/prestatore di recuperare anche la maggior imposta accertata in sede di verifica. In tal caso l’Agenzia delle Entrate, con risposte a interpello n. 12/2019 e n. 129/2019, ha confermato la possibilità di rivalsa per chi ha usufruito della definizione delle controversie tributarie ex art 6 D.L. 119/2018, fattispecie successivamente estesa (interpello n 349/2019) alla chiusura agevolata dei pvc ex art 1 D.L. 119/2018. Unica condizione richiesta il pagamento dell’imposta a titolo definitivo.

Applicazione di un’aliquota superiore. Il comma 6 dell’art 6, Dlgs 471/1997, disposizione introdotta dalla L. 205/2017 ed in vigore dal 2018, prevede che “In caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli artt. 19 e seg, D.P.R. 633/1972, l’anzidetto cessionario o committente è punito con la sanzione amministrativa compresa tra 250 euro e 10.000 euro. La restituzione fiscale dell’imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale”.

Trattasi di fattispecie piuttosto frequente che ha generato controverse posizioni in merito a 3 aspetti: 1) efficacia temporale; 2) detrazione dell’imposta; 3) sanzioni applicabili.

  1. Favor rei – Seppur la Corte di Cassazione (Sent. n. 24001/2018 e n. 14170/2019) avesse escluso tale principio il legislatore, con l’art 6, c. 3-bis, D.L. 34/2019 (Decreto Crescita), ha chiarito che il diritto alla detrazione resta salvo anche ai casi sorti anteriormente alla data di entrata in vigore della predetta norma (1.01.2018).
  2. Detrazione – La Guardia di Finanza, con circolare 13.04.2018, n. 114153, tesi condivisa da Assonime (Circolare 12/2018), ha specificato che la detrazione è possibile anche per quelle operazioni che, pur nel novero delle non soggette, esenti, non imponibili o escluse, sono state erroneamente assoggettate ad Iva. Al contrario si è espressa la Corte di Cassazione (Sent n. 24289/2020) per cui la predetta norma “trova applicazione solo in relazione alle operazioni imponibili allorquando sia stata corrisposta l’Iva in base ad un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta e non anche con riferimento alle ipotesi di operazioni non imponibili”, assunto ripreso dai giudici di legittimità con la Sent n. 10439/2021, decisione quest’ultima per cui addirittura la detrazione non è consentita per l’imposta erroneamente addebitata in eccesso ma è limitata a quella correttamente applicabile. A parere di chi scrive, fatta salva la buona fede (no frode fiscale) e in assenza di danno erariale, come peraltro argomentato dalla Ctr Lombardia (sent. 15.06.2021, n. 2270), trattasi di argomentazione alquanto speciosa ed in totale spregio del principio della neutralità dell’imposta.
  3. Sanzioni – Con R.M. 3.08.2021, n. 51/E, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, pur in presenza di operazioni esenti o non imponibili, nell’ipotesi in cui il cedente/prestatore abbia esposto in fattura l’imposta, al cessionario/committente, oltre ad essere preclusa la detrazione dell’Iva pagata al fornitore, è applicabile la sanzione proporzionale (90% dell’imposta detratta) e non quella prevista in misura fissa (minimo 250 – massimo 10.000 euro). L’Amministrazione Finanziaria, artatamente, ignora una chiara presa di posizione dell’AIDC (documento 29.07.2021, n. 214) attraverso cui, riprendendo quanto sancito dalla Corte di Giustizia UE (Sent Farkas C-564-1 del 26,.04.2017 e Sent C-935-19 del 15.04.2021), si ribadisce che la sanzione non deve mai eccedere quanto necessario per raggiungere l’obiettivo di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta, il contrasto alle frodi ed evitare evasioni.

Conclusioni – In assenza di artifici e danni all’Erario, come già ripetutamente evidenziato da autorevole dottrina, giurisprudenza di legittimità e Agenzia delle Entrate, in ossequio ai concetti di neutralità ed effettività dell’imposta, nonché al principio di proporzionalità delle sanzioni, dovrebbero dunque prestare maggiore attenzione al diritto comunitario le cui dissertazioni non possono essere trascurate dagli stati membri.

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