Amministrazione del personale

07 Settembre 2020

La rotazione dei lavoratori durante la cassa integrazione

La normativa non ne prevede l'obbligo; tuttavia, il datore di lavoro è tenuto al principio di non discriminazione, correttezza e buona fede e quindi deve valutare con attenzione i criteri da adottare.

La disciplina della cassa integrazione ordinaria è contenuta nel D.Lgs. 148/2015, in parte derogata dalla normativa d’emergenza Covid-19. In particolare, ci concentriamo sui criteri che il datore di lavoro deve rispettare nell’individuazione dei lavoratori da porre in cassa integrazione; il problema di scelta è rilevante se consideriamo che la retribuzione in Cig è inferiore rispetto alla retribuzione ordinaria.

Chiariamo sin da subito che la legge non prevede espressamente l’obbligo di porre in cassa integrazione a rotazione i lavoratori, con l’eccezione della cassa integrazione straordinaria, per la quale è stabilito all’art. 24, c. 3, D.Lgs. 148/2015, che oggetto dell’esame congiunto con le rappresentanze sindacali siano anche i criteri di scelta e le modalità di rotazione tra i lavoratori o le ragioni della mancata adozione di meccanismi di rotazione.

Ciò premesso, si precisa che la richiesta di ammortizzatori ordinari, CIGO o FIS, rende necessaria la sottoscrizione di un accordo sindacale volto a regolamentare alcuni aspetti normativi, economici e organizzativi legati all’utilizzo dell’ammortizzatore stesso. In questa fase, le parti possono stabilire criteri di scelta e meccanismi di rotazione tra lavoratori che, se non rispettati, rappresentano una condotta antisindacale. Durante l’epidemia, la normativa d’emergena ha però previsto la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali anche in assenza di accordo sindacale; il datore di lavoro sembrerebbe quindi esonerato dall’obbligo di definire criteri di scelta per la rotazione dei lavoratori.

Sul tema la giurisprudenza è divisa, ma l’orientamento prevalente ritiene che anche nel caso di CIGO e FIS il datore di lavoro debba comunque garantire la rotazione tra i lavoratori, principalmente per 3 motivi:

1) la fruizione di ammortizzatori sociali comporta una penalizzazione economica per i lavoratori: il datore di lavoro deve quindi garantire un’equa ripartizione del “sacrificio”;

2) il datore di lavoro deve agire nel rispetto dei principi di non discriminazione, diligenza e buona fede, evitando che vengano penalizzati sempre i medesimi lavoratori;

3) applicazione per analogia della disciplina della CIGS.

Pertanto, in presenza di un accordo che prevede meccanismi di rotazione, il datore di lavoro è tenuto a rispettare gli obblighi presi; in caso contrario, il lavoratore, tramite il sindacato, può agire richiedendo la rimozione immediata della discriminazione e della condotta antisindacale. Se l’accordo non precisa invece i criteri di scelta, o in assenza di accordo, si ritiene comunque che il datore di lavoro debba agire nel rispetto dei più generali principi di correttezza e non discriminazione.

Ma tra quali lavoratori scegliere? Anche in questo caso, la normativa non prevede alcuna specifica. Si ritiene, tuttavia, che occorra rimandare al concetto di professionalità, intesa come l’insieme di competenze specifiche del lavoratore. Il datore di lavoro dovrà quindi, nel caso di riduzione d’orario, garantire la rotazione tra lavoratori che svolgono mansioni aventi il medesimo contenuto professionale, a prescindere dal livello di inquadramento. La sentenza della Cassazione 18.01.2019, n. 1378 precisa, infatti, che “la professionalità deve riferirsi alla competenza specifica dei lavoratori, legata alla realtà aziendale, e non ai livelli professionali scelti in maniera discrezionale e/o al maggiore o minore rendimento del dipendente, costituenti dati generici e opinabili”.

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