IVA

30 Giugno 2022

Le complicazioni del ravvedimento operoso Iva

Secondo l’Agenzia (Telefisco), nel caso di un ravvedimento operoso Iva entro l’anno, il contribuente dovrà versare sia la sanzione per la violazione dell’obbligo di documentazione e registrazione sia quella per il mancato versamento.

In ambito Iva, l’istituto del ravvedimento operoso è ostacolato sia dalla difficoltà a regolarizzare i cosiddetti adempimenti prodromici sia dalle difficoltà interpretative mai sistematizzate. Per questo motivo, non è raro che i contribuenti desistano e preferiscano attendere l’eventuale accertamento dell’Ufficio. Come se non bastasse, in sede di ravvedimento è necessario pagare singolarmente le sanzioni per tutte le violazioni (con le riduzioni previste in relazione alla tempestività del ravvedimento), mentre in sede di accertamento l’ufficio deve applicare il cumulo ex art. 12 D.Lgs. 472/1997.

Così, ad esempio, l’omissione, o l’emissione nell’anno successivo, di una fattura comporta che l’Ufficio in fase di accertamento applichi un’unica sanzione per la violazione più grave, cioè l’infedele dichiarazione (sanzione dal 90% al 180%), maggiorata per effetto del cumulo giuridico. La sanzione per l’omesso versamento, invece, non si applicherebbe in quanto assorbita in quella più grave (circolare 42/E/2016, par. 3.1.1. confermata durante l’ultimo Telefisco) o semplicemente perché non prevista al di fuori dei versamenti in autoliquidazione, come sostiene importante dottrina.

Ma cosa potrebbe fare il contribuente desideroso di regolarizzare le violazioni? Anche in questo caso l’Agenzia ha indicato il comportamento nella circolare 42 citata. Insomma, il contribuente dovrebbe, anzitutto, ripresentare la dichiarazione infedele includendo la fattura omessa. Poi dovrebbe versare l’imposta e la sanzione per l’infedele dichiarazione annuale e periodica, nonché la sanzione per l’omessa fatturazione, applicando le riduzioni previste dall’art. 13 D.Lgs. 472/1997 in relazione al momento della regolarizzazione. Fortunatamente, in questo caso, il contribuente risparmia quantomeno la sanzione per l’omesso versamento.

Se, invece, il contribuente si avvede dell’errore in corso d’anno e riesce a presentare una dichiarazione Iva corretta, potrà evitare la sanzione per infedeltà dichiarativa. Dovrà, invece, versare la sanzione per la tardiva/mancata emissione e registrazione e, secondo le ultime indicazioni delle Entrate illustrate nel corso di Telefisco, anche quella per l’omesso versamento, non assorbibile in questo caso.

Il quadro che si ricava è complesso e contraddittorio. È assodato che la violazione per omesso versamento risulta assorbita da quella per infedele dichiarazione o, più semplicemente, non è dovuta (in quanto l’art. 13 sanziona i mancati versamenti risultanti da dichiarazioni e liquidazioni periodiche e non quelli derivanti da evasioni). Non è quindi logico né razionale che in corso d’anno venga applicata sia la sanzione derivante dalla violazione di un obbligo (fatturazione) sia la sanzione derivante dal conseguente mancato versamento dell’imposta, ossia una sanzione che andrebbe parametrata ad un’imposta già determinata e liquidata dal contribuente in via fisiologica.

Se così fosse si creerebbe una disparità del sistema sanzionatorio, certamente non proporzionato, e soprattutto si creerebbe un disincentivo per il contribuente onesto, desideroso di regolarizzare gli errori involontari che possono sempre accadere in ambito Iva.

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