Imposte dirette

15 Giugno 2023

Non più tassata la rinuncia dei soci ai crediti

La rinuncia a un credito relativo a un reddito tassato per cassa non comporta l’obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con la conseguente esclusione anche della ritenuta prevista dall’art. 26, c. 5 D.P.R. 600/1973.

La Corte di Cassazione, nella sentenza 12.06.2023, n. 16595, allineandosi all’orientamento dottrinale pressoché unanime (per tutti si veda la norma di comportamento AIDC n. 201/2018) ha stabilito che la rinuncia, operata da un socio nei confronti della società, a un credito relativo a un reddito tassato per cassa, non comporta l’obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con la conseguente esclusione anche della ritenuta ex art. 26, c. 5 D.P.R. 600/1973.

Nel caso esaminato, un socio aveva rinunciato al rimborso di una parte del finanziamento effettuato a favore della società partecipata, inclusi gli interessi maturati su di esso. Il Fisco aveva ritenuto di considerare comunque incassati gli interessi stessi, in virtù del principio del c.d. “incasso giuridico”. Com’è noto, l’incasso giuridico rappresenta una fictio iuris di matrice antielusiva, secondo cui la rinuncia a un credito correlato a redditi tassati per cassa presuppone l’avvenuto incasso del credito, e quindi l’obbligo di sottoporre a tassazione il relativo ammontare anche mediante applicazione di una ritenuta di imposta. La ratio dell’incasso giuridico è quella di prevenire arbitraggi fiscali che si possono verificare quando un soggetto (la società) è tassata per competenza mentre l’altro (il socio) è tassato per cassa.

A titolo esemplificativo, nel caso di finanziamento soci, la società può dedurre per competenza gli interessi sul finanziamento, mentre il socio, se persona fisica, è tenuto a dichiararli soltanto dopo l’incasso. In questo contesto, la prassi dell’Agenzia delle Entrate (C.M. Finanze 27.05.1994, n. 73 e risoluzione Ag. Entrate 13.10.2017, n. 124) e la giurisprudenza prevalente hanno più volte affermato il principio in base al quale la rinuncia a un credito ad opera del socio costituisce dal punto di vista giuridico un incasso, come tale suscettibile di tassazione (in tal senso, con riferimento alla rinuncia al TFM del socio-amministratore, si veda l’ordinanza della Corte di Cassazione 14.04.2022, n. 12222).

Viceversa, con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte ha rigettato le ragioni del Fisco, evidenziando per la prima volta la necessità di distinguere tra la disciplina attuale e quella precedente.

Disciplina in vigore fino al periodo d’imposta in corso al 7.10.2015 (2015, per i soggetti solari) – La rinuncia del socio al credito nei confronti della società partecipata aveva i seguenti effetti:

  • non determinava, in capo a quest’ultima, l’insorgere di una sopravvenienza attiva rilevante ai fini della formazione del reddito imponibile (art. 88, c. 4 del Tuir);
  • l’ammontare relativo al credito oggetto della rinuncia non era ammesso in deduzione in capo al socio e si aggiungeva (totalmente) al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione detenuta nella società debitrice (ex artt. 94, c. 6, e 101, c. 7 del Tuir).

Periodo d’imposta successivo a quello in corso al 7.10.2015 (2016, per i soggetti solari):

  • la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva (tassata) per la parte che eccede il relativo valore fiscale (art. 88, c. 4-bis del Tuir). Il nuovo regime, quindi, qualifica come “apporto” la sola parte di rinuncia che corrisponde al valore fiscalmente riconosciuto del credito in capo al socio;
  • in capo al socio imprenditore che detiene le partecipazioni in regime di impresa, l’ammontare della rinuncia si aggiunge al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia. Pertanto, il socio aumenta il costo della partecipazione solo nei limiti del valore fiscale del credito (artt. 94, c. 6, e 101, c. 7 del Tuir).

Alla luce del mutato quadro normativo, quindi, diversamente da quanto prospettato nel precedente regime, la rinuncia di un credito avente valore fiscale pari a zero, come per i crediti legati ad un reddito tassato per cassa, avrà gli effetti seguenti:

  • in capo al socio: non incrementa il valore fiscale della partecipazione;
  • in capo alla società partecipata: comporta la tassazione integrale della sopravvenienza attiva.

Il principio di diritto affermato dalla Corte ha una portata generale che dovrebbe estendersi anche al caso di rinuncia al trattamento di fine mandato dei soci amministratori (in senso contrario, si veda la risoluzione Ag. Entrate n. 124/2017). Sul tema, è quindi auspicabile un rapido cambio di orientamento dell’Amministrazione Finanziaria.

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