Società e contratti

05 Novembre 2020

Esclusione del socio di Srl solo per giusta causa

Tale strada è percorribile in via generale se non vengono effettuati i conferimenti; possono fare eccezione le specifiche clausole presenti nello statuto sociale, introducendo ulteriori motivi.

Con la riforma societaria del 2003, alla tradizionale fattispecie di esclusione di socio di Srl moroso nell’esecuzione dei conferimenti, il legislatore ha aggiunto un corollario potenzialmente indefinito di nuove ipotesi di estromissione del socio dalla compagine sociale, al ricorrere di una giusta causa di esclusione, qualora espressamente e specificamente prevista con una o più clausole statutarie ex art. 2473-bis C.C.

In caso di mancata esecuzione dei conferimenti, l’art. 2466 C.C. prevede che, se il socio non versa il conferimento nel termine prescritto, gli amministratori lo diffidano a eseguirlo nel termine di 30 giorni. Decorso tale termine, qualora non ritengano utile avviare una causa in tribunale, possono vendere la quota del socio moroso agli altri soci, in proporzione alla loro quota di partecipazione al capitale sociale. Tale vendita viene effettuata a rischio e pericolo del socio moroso, prendendo come prezzo di riferimento il valore risultante dall’ultimo bilancio approvato. In mancanza di offerte per l’acquisto, se previsto dall’atto costitutivo, la quota viene venduta all’incanto. Nel caso in cui la vendita non sia possibile per mancanza di acquirenti, gli amministratori escludono il socio, trattenendo le somme riscosse; ne consegue che il capitale sociale deve essere ridotto proporzionalmente alla quota detenuta dal socio escluso. Tali previsioni si applicano anche nel caso in cui, per qualsiasi motivo, siano scadute oppure divengano inefficaci la polizza assicurativa o fideiussoria, prestate a garanzia dei conferimenti da effettuare, ai sensi dell’art. 2464 C.C., oppure nella previsione di conferimenti di opere e/o servizi; in quest’ultimo caso, il socio può sostituirle con il versamento del corrispondente importo di denaro.

Per quanto riguarda l’ipotesi dell’esclusione del socio per giusta causa, è necessario inserire vere e proprie ipotesi di accadimenti, eventi, reali e non generici, pena la nullità della clausola statutaria e quindi della delibera di esclusione, con reinserimento del socio escluso nella compagine sociale. L’esclusione è deliberata dalla maggioranza dei soci, avendo cura di non conteggiare nel quorum il socio da escludere; ha effetto decorsi 30 giorni dalla data di comunicazione al socio escluso, che deve avvenire nel più breve tempo possibile. Entro tale termine, è facoltà del socio escluso di opporsi ricorrendo al tribunale, che può sospendere l’esecuzione.

Esempi – Sono considerate illegittime, per esempio, le seguenti clausole statutarie:

1) socio gravemente inadempiente alle obbligazioni che derivano dalla legge e dallo statuto sociale, in quanto genericamente riferite all’art. 2286 C.C., in materia di società di persone;

2) ipotesi di svolgimento di attività in concorrenza con la società, se generica e non in considerazione di situazioni pregresse e reali;

3) socio inadempiente agli obblighi sociali di correttezza e buona fede o che in qualsiasi modo rechi discredito alla società o leda il rapporto di fiducia con gli altri soci;

4) previsione genericamente riferita a comportamenti che compromettono il corretto funzionamento della società.

Di contro, si ritiene che possano costituire giusta causa di esclusione, purché individuate in modo specifico e scritte chiaramente, le seguenti ipotesi: 1) compimento di gravi irregolarità da parte del socio amministratore; 2) condizione personale del socio (inabilitazione, interdizione, raggiungimento di una determinata età, perdita di particolari qualifiche personali o patrimoniali, impossibilità incolpevole di continuare a svolgere determinate mansioni all’interno della società, fallimento del socio, la messa in liquidazione della società partecipata qualora il socio sia una società). Sia per la determinazione del valore della quota, sia per le modalità di liquidazione, si rimanda agli artt. 2473-bis e 2473 in materia di recesso, esclusa la possibilità del rimborso della partecipazione, mediante riduzione del capitale sociale. Ciò significa che il valore della liquidazione della quota del socio escluso dovrà essere determinato in proporzione al patrimonio, stimato a “valore di mercato”.

Per la liquidazione della quota del socio escluso si devono utilizzare in primis le risorse all’esterno del patrimonio sociale: l’acquisto della quota del recedente da parte degli altri soci, proporzionalmente alle loro partecipazioni, oppure da parte di un terzo, individuato dai soci medesimi di comune accordo. Qualora tale procedura non sia percorribile, il rimborso è effettuato utilizzando le riserve disponibili del patrimonio netto; in assenza di riserve disponibili, probabilmente la società sarebbe messa in liquidazione; secondo un altro orientamento della dottrina, da tale impossibilità deriverebbe l’inefficacia (o la revoca implicita) della decisione di esclusione.

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