Tributi locali

07 Settembre 2021

Per i fabbricati rurali strumentali rilevano solo requisiti oggettivi

Ai fini Imu i regolamenti comunali non possono prevedere requisiti soggettivi di CD o IAP per il soggetto passivo o l'utilizzatore.

Il Dipartimento delle Finanze, con apposito documento pubblicato nel settore della fiscalità regionale e locale, ha ritenuto non conformi alla normativa primaria vigente le previsioni regolamentari adottate dai Comuni ai fini della “nuova” Imu di cui alla L. 160/2019, in rapporto alla previsione di requisiti soggettivi per il riconoscimento della ruralità. In particolare, l’Amministrazione Finanziaria, al paragrafo 2, punto g), del documento, ha definito i requisiti richiesti per la qualificazione degli immobili rurali strumentali, precisando che non possono essere richieste, in quanto non coerenti con la normativa primaria, qualifiche soggettive in capo al possessore o al conduttore/utilizzatore (coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale).

Secondo la normativa secondaria (regolamenti comunali) esaminata dal Dipartimento delle Finanze, infatti, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili strumentali classificati in D/10 o con annotazione della ruralità (D.M. 26.04.2012), era richiesto che gli immobili dovessero essere utilizzati da soggetti che svolgevano attività agricola in via non occasionale ma nell’ambito di un’attività d’impresa e a patto che l’utilizzatore fosse in grado di dimostrare la titolarità di un reddito derivante dallo svolgimento di attività agricola e il possesso dei requisiti di imprenditore agricolo professionale (IAP) di cui all’art. 1 D.Lgs. 99/2004.

Il Dipartimento delle Finanze ha ritenuto che il contenuto dei regolamenti, per la parte relativa ai requisiti soggettivi, si ponga in contrasto con l’art. 1, c. 750 L. 27.12.2019, n. 160, dove viene fatto esplicito riferimento all’art. 9, c. 3-bis D.L. 30.12.1993, n. 557, secondo il tenore letterale del quale, “deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 C.C. e, in particolare, destinate:

  • alla protezione delle piante;
  • alla conservazione dei prodotti agricoli;
  • alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l’allevamento;
  • all’allevamento e al ricovero degli animali;
  • all’agriturismo, in conformità a quanto previsto dalla L. 20.02.2006, n. 96;
  • ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a 100, assunti in conformità della normativa vigente in materia di collocamento;
  • alle persone addette all’attività di alpeggio in zona di montagna;
  • ad uso di ufficio dell’azienda agricola;
  • alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi di cui all’art. 1, c. 2 D.Lgs. 228/2001;
  • all’esercizio dell’attività agricola in maso chiuso”.

È tassativa l’elencazione degli utilizzi al quale il fabbricato deve risultare asservito, senza richiedere alcun requisito soggettivo né qualificazione professionale in capo al possessore o al conduttore, come peraltro anche in precedenza confermato dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello 10.09.2019, n. 369.

Fermo restando, quindi, che l’unico requisito richiesto è quello della mera strumentalità nell’utilizzo del fabbricato, il Dipartimento delle Finanze di fatto ha diffidato ad astenersi da richieste di ulteriori condizioni, rispetto al classamento in D/10 o all’annotazione di ruralità, in quanto non rientranti nel legittimo esercizio dell’autonomia regolamentare in materia tributaria, non potendo l’ente locale incidere sulla definizione e quantificazione della base imponibile ai sensi dell’art. 52, c. 1, D.Lgs. 15.12.1997, n. 446.

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