Diritto privato, commerciale e amministrativo

23 Marzo 2024

Riforma Cartabia, nuova forma di impugnazione (seconda parte)

In appello va rinnovata la precedente dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell’imputato.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 1177/2024, ha stabilito che l’esigenza di favorire quanto più possibile l’effettiva conoscenza da parte dell’imputato della citazione a giudizio in un momento delicato come quello della celebrazione del giudizio impugnatorio, consente di superare i dubbi di incostituzionalità delle norme di recente introduzione (la c.d. Riforma Cartabia).

Pertanto, per promuovere e garantire impugnazioni consapevoli, nel caso in cui l’imputato sia stato presente in primo grado, sarà sufficiente rinnovare la dichiarazione di domicilio per ottemperare alle esigenze di celerità e certezza della notificazione; nel caso, invece, in cui l’imputato sia rimasto assente in primo grado, si rende necessaria la partecipazione diretta all’impugnazione attraverso il rilascio dello specifico mandato a impugnare. Esso deve essere rilasciato in data successiva alla sentenza e, soprattutto, deve essere contestuale all’impugnazione. Dunque, il mandato non può intervenire né prima né dopo l’impugnazione.

Come spesso accade nel nostro ordinamento, le riforme interessano settori parziali del codice, senza coordinarsi con le disposizioni delle normative speciali e specifiche di settore. Si vuole far riferimento, alle ripercussioni che la nuova disciplina delle impugnazioni sin qui esaminata ha nei confronti dell’ente. L’art. 71 D.Lgs. 231/2001, infatti, disciplina l’impugnazione delle sentenze relative alla responsabilità amministrativa dell’ente e prevede che l’ente possa proporre impugnazione “nei casi e nei modi stabiliti per l’imputato del reato”.

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